Mondiali in Qatar 2022: e i diritti umani?

Lo Stato del Qatar è situato nella penisola Arabica, confinante con l’Arabia Saudita e circondato dal Golfo Persico. Il Qatar è un Emirato, un luogo sottoposto al dominio giurisdizionale di un principe o capo militare della tradizione islamica. L’attuale emiro, al-Thani, Tamim bin Hamad, è diventato l’ erede nel 2003 quando suo fratello maggiore, lo sceicco Jassim, ha rinunciato al trono e il padre ha abdicato in suo favore nel 2013. Per questo motivo è una monarchia ereditaria assoluta (la carica non è elettiva e non esiste il principio di separazione dei poteri, vale a dire che il monarca non è affiancato da nessun organo costituzionale, detenendo il potere legislativo, amministrativo e giudiziario). Si può dunque affermare che in Qatar non è concessa la libertà di stampa e nel 2014, Tamim ha approvato una nuova legislazione sulla criminalità informatica contro i contenuti digitali che violano i “valori sociali” o ” l’ordine generale” del Paese. L’oppressiva censura delle informazioni ostacola la libertà espressiva ed annienta i diritti umani, i quali vengono meno alla luce della legge della Shari’a che costituisce il fondamento legislativo della costituzione del Qatar. La Shari’a, che letteralmente significa “strada battuta”, rappresenta la legge sacra della religione islamica basata sul Corano, i cui precetti, attraverso un’interpretazione particolarmente rigorosa, stabiliscono anche i principi penali e le scale di accettabilità nelle azioni quotidiane. I “reati” ritenuti più gravi sono i delitti contro Dio, ossia l’apostasia (il ripudio,il rinnegamento della propria religione per seguirne un’altra) e la blasfemia, l’adulterio, il consumo di bevande alcoliche, il furto e la rapina, ai quali segue l’ inappellabile applicazione di severe pene (hudud) fino alla morte. La Shari’a è stata fonte di legislazione per gli Stati islamici fin dai primi califfati arabi. Con il passare del tempo è stata abolita quasi ovunque negli Stati arabi moderni ed è stata sostituita da sistemi giuridici ispirati a quelli occidentali, a seguito della modernizzazione guidata dai principi laici. Si sono diffuse però interpretazioni estremiste della Shari’a, (come ad esempio la lapidazione o la fustigazione per chi, non essendo sposato, intrattiene rapporti fuori dal matrimonio, o la pena di morte in altri casi) per giustificare gli attentati terroristici.

In un contesto caratterizzato da una cultura repressiva e lesiva dei diritti umani fondamentali, per la prima volta una nazione del Medio Oriente ha accolto lo svolgimento dei Mondiali di calcio dell’anno 2022 che ha sollevato numerose polemiche in merito alla questione del rispetto dei diritti umani a seguito di avvenimenti verificatisi nel corso della competizione. Poche settimane prima dell’inizio della competizione, l’ambasciatore dei mondiali ed ex calciatore qatariota Khalid Salman ha dichiarato in un’intervista con l’emittente tedesca Zdf che l’omosessualità è «un danno nella mente». Non può a questo punto sorprendere il rapporto del 2020 della International lesbian and gay association (Ilga) secondo cui, anche se in Qatar la pena di morte non è mai stata applicata per motivi legati a rapporti omosessuali, chiunque abbia un rapporto sessuale consensuale fuori dal matrimonio «può essere punito con il carcere fino a sette anni». Gli articoli non specificano il sesso dell’altra persona coinvolta nel rapporto e, quindi, possono essere applicati sia alle unioni eterosessuali che omosessuali. Dato che i matrimoni omosessuali non sono permessi in Qatar, i rapporti tra persone dello stesso sesso sono necessariamente extraconiugali, dunque punibili con il carcere.

Inoltre, l’articolo 296 prevede che chiunque «porti, istighi o seduca» un uomo a compiere atti omosessuali, può essere punito con la reclusione da uno a tre anni. Oltre alle pene specifiche previste nei casi di rapporti tra omosessuali, il Qatar non prevede forme di tutela per le persone appartenenti alla comunità Lgbtq+, come denunciato da vari resoconti giornalistici e organizzazioni attive nell’ambito dei diritti umani. Un’analisi di Human rights watch ha documentato diversi casi di arresti illegittimi e abusi ai danni di persone non eterosessuali.

Un’altra grave criticità emersa concerne la necessità di ricorrere alla manodopera di lavoratori migranti da Asia e Africa sfruttati e sottopagati per costruire e rinnovare gli otto stadi che hanno permesso di ricevere circa 1,2 milioni tra tifosi, giornalisti, membri delle squadre, profondendo una somma di quasi sei miliardi di euro. Dunque la questione della negazione dei diritti umani in Qatar si è resa nota maggiormente quando questi sono stati privati non solo ai lavoratori, ma anche alle minoranze nel Paese, alle donne, alla comunità LGBTQ+, senza tralasciare il devastante impatto ambientale relativo alla costruzione degli stadi e al loro funzionamento.

Nel 2010 al Qatar vengono assegnati i Mondiali del 2022, grazie anche al proseguimento proficuo degli affari della famiglia Al Thani, dinastia governante dell’emirato, e alla creazione della piattaforma multimediale BeIN Sports, principale intermediario per la cessione dei diritti televisivi delle competizioni europee nel mondo arabo, oltre che all’acquisizione della squadra francese del Paris Saint-Germain nel 2011. Pertanto attraverso lo sfruttamento di una considerevole quantità di denaro, s’intraprende in Qatar un lungo percorso di diversificazione economica e costruzione di un’immagine positiva agli occhi dei consumatori dei diversi settori, inclusi i tifosi. Considerando le prospettive di ritorno economico, ne ha approfittato anche il calcio, ma così facendo sono stati ignorati completamente i diritti umani. fonte della foto: https://www.wallpaperflare.com/photo-of-qatar-airways-stadium-qatar-airways-stadium-ground-wallpaper-zhikx

Ilaria Di Vincenzo, Izabel Iljazi