Mi guardo allo specchio
e tutto diventa niente,
i colori grigi,
la luce buia.
Ci sono io,
ci sono io,
ci sono io.
Solo io,
io e me.
E quell’ “io” si crepa,
si distrugge,
poi si riforma
e qualcosa va storto.
“Io” diventa qualcuno
ma non lo conosco.
Io muoio e Lui nasce.
Come la morte per Epicuro,
dove io sto Lui non c’è.
Come l’arte per Platone,
Lui è una copia di una copia.
Perché anche io sono una copia
di qualcosa che volevo
diventare,
di qualcosa che
m’ispira,
di qualcosa di simile
ad un quadro non finito.
Volevo essere la Monnalisa,
ma di lei ho preso le mancanze.
Volevo essere una sinfonia,
ma ero un violino senza le corde.
Mi sento morire,
ma forse sono già morta.
E ciò che ne resta di me
sono rimasugli di un sogno
non coltivato,
abbandonato per paura.